CONFRATERNITA SS. TRINITA'
TAGGIA
Se è vero che «La storia di un popolo poggia sulle sue
tradizioni», siamo tutti concordi che l'Oratorio della SS. Trinità è uno dei
tanti posti giusti di Taggia.
Infatti basterebbe anche solo tracciare un elenco delle
numerose Chiese, degli Oratori, delle Cappelle votive urbane e campestri, che
il popolo tabiese ha innalzato nel corso dei secoli per dare una testimonianza
significativa della forza religiosa di questa gente. Nonostante alcuni di questi sacri edifici
siano scomparsi o chiusi, oppure altri aperti solo saltuariamente al culto,
continuano non solo a custodire l'orgoglio dei suoi fedeli, ma rappresentano
ancora oggi un indispensabile tassello di fondamentale importanza per poter
tracciare e conoscere la Storia di questa gloriosa città.
Per l'armonia di esecuzione e la bellezza delle decorazioni
questa Chiesa, consacrata nel maggio del
1690, deve essere ritenuta uno dei principali tesori artistici e storici del
Ponente ligure.
La sua costruzione venne decisa e programmata proprio dalla
Confraternita della SS Trinità che già dagli inizi del XVII secolo operava
nella città di Taggia.
Questo gruppo, volgarmente noti come i Rossi dal colore
della cappa della loro veste, ottenuto il benestare e qualche aiuto da una
fra le più importanti famiglie nobili che a quel tempo risiedevano a Taggia, la
famiglia Lercari, mise mano alla costruzione della Chiesa. I lavori ebbero
inizio nel 1684 e in tempi veramente rapidi, il 7 maggio 1690 il vescovo di
Albenga (Giovanni Tommaso Pinelli) potè consacrarla alla SS. Trinità. Lo
testimonia il quadro che capeggia sull'altare maggiore e che rappresenta
infatti la SS Trinità che incorona la Madonna, opera di Lorenzo Donato di Ormea
del 1530. Al centro della rappresentazione si trova la Vergine Maria su una
nuvola circondata dagli angeli. Le sue mani sono giunte e il suo sguardo carico
di venerazione è rivolto proprio sopra di lei, dove i putti sorreggono il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, simboleggiato dalla colomba in volo. La
scena è gremita e si respira un'aria solenne degna dell'avvenimento celeste che
sta per compiersi.
Quasi a mò di cornice si ergono a fianco al dipinto le
colonne di marmo policromo dal motivo a spirale, chiaro richiamo dell'arte
barocca.
Sopra il dipinto trova collocazione una scultura di
particolare valore ed eccezionale merito artistico: trattasi di un Crocifisso
d'avorio, dono del Cardinal Lercari alla Confraternita. Raro esempio di
scultura in avorio, dove tutto il corpo del Cristo è stato scolpito in un solo
pezzo d'avorio, mentre le braccia sono state applicate in seguito con una
grande maestria tanto da rendere invisibile la spezzatura.
Lo storico Tirocco scrive, nel 1933, che un
famoso antiquario si propose di offrire la «cospicua somma» di lire trentamila
per questa splendida scultura in avorio dicendo che non aveva mai avuto la
fortuna di ammirare «un lavoro così rilevante» nella sua vita d'artista. Grazie
al rifiuto da parte dei confratelli questa così preziosa opera continua a
trovare dimora nella chiesa di Taggia.
Nell'iconostasi dell'altare (parete che divide il presbiterio
dalla navata), trovano collocazione due delle opere più importanti e degne di
ammirazione di tutta la Chiesa: trattasi dell' «Ecce Homo» alla vostra sinistra
e del «San Gerolamo» a destra.
Quest'ultimo raffigurante il San Gerolamo in meditazione è
riconducibile alla prima metà del 600 ed è stato attribuito alla mano del
famoso pittore Domenico Zampieri di Bologna (detto il Domenichino). Questa
discutibile attribuzione non toglie però il notevole merito riconducibile a
questo dipinto. Come pure di pari bellezza e valore è sicuramente il quadro
posto sul lato opposto: «Ecce homo», opera che richiama alla memoria l'episodio
della salita di Cristo al calvario quando Ponzio Pilato, allora governatore
romano della Giudea, rivolse queste parole al popolo giudeo mostrandogli il
corpo flagellato di Gesù. Sotto questi pregevoli dipinti possiamo osservare due
tele rappresentanti altri due momenti della Passione di Cristo: «L'incontro con
le pie donne» e «La deposizione dalla Croce». Come possiamo leggere nell'opera
letteraria dello storico Tirocco questi due quadri facevano parte di un'intera
Via Crucis che dietro ordine del Cardinal Lercari fu trasportata da Genova a
Taggia via nave. A causa però di una tempesta scatenatasi in mare solo le due
opere qui presenti riuscirono a giungere integre a Taggia.
Ai piedi di questi importanti opere si può
ammirare il gruppo scultoreo, opera di scuola genovese e databile intorno alla
metà del XVIII secolo, raffigurante «l'Incoronazione della Vergine Maria». Il
gruppo è composto dal Padre Eterno, sul lato sinistro, avvolto in un mantello
seduto su un banco di nubi che regge in mano la sfera rappresentante il globo
terrestre con a fianco il Cristo, anch'egli seduto sulle nuvole che impugna lo
scettro in una mano mentre nell'altra regge insieme al Padre una corona. Con lo
sguardo fisso davanti a sé, al centro è collocata la Madonna in ginocchio,
avvolta da un luminoso mantello. Questo gruppo scultoreo faceva parte
dell'antica cassa processionale della SS Trinità che nelle maggiori solennità
veniva portata da un considerevole numero di uomini, considerato il notevole
peso. Purtroppo la cassa lignea su cui poggiavano le statue andò distrutta
all'inizio del XX secolo.
All'interno della cappella ubicata sul lato
destro si trova un dipinto a olio raffigurante la Madonna fra San Filippo Neri
e San Vincenzo Ferrer, mentre sulla parete era posto un dipinto su tela, ora in
sacrestia, ritenuto un ex-voto. Di autore ignoto e dal singolare soggetto:
infatti rappresenta alcuni malfattori che, intenti nell'atto di profanare un luogo
sacro, vengono assaliti e minacciati da una schiera di scheletri che brandendo
tibie e femori, riescono ad allontanare i delinquenti. Molto probabilmente
questi cadaveri rappresentano i confratelli defunti che veglieranno per sempre
sulla loro chiesa.
Particolarmente interessante è la cappella
di sinistra dove sono conservate le reliquie di San Benedetto martire, un
cristiano originario della Liguria di Ponente vissuto sotto il console Flavio
Massenzio. Fu sepolto nelle catacombe di San Lorenzo distinto da una lapide che
ne ricorda le virtù eroiche ed il martirio. Grazie all'interessamento di un
frate capuccino, Francesco Maria Anfossi che riuscì a sollecitare le persone
giuste, nel 1771 si decise di donare le preziose reliquie alla Confraternita
della SS Trinità di Taggia. Poste in un'apposita urna partirono da Roma e
giunsero a Sanremo il 7 aprile 1771. Dopo aver ottenuto l'autentica
ricognizione del vicario del Vescovo di Albenga e aver officiato il Vespro
solenne nella Chiesa dei Padri Domenicani di Taggia, le reliquie vennero
finalmente portate definitivamente nella chiesa dell'Oratorio della SS Trinità.
Dove ancora oggi si trovano!
La decorazione della Chiesa è un richiamo
fastoso al Barocco imperante della seconda metà del XVII secolo per l'utilizzo dei
marmi policromi, delle colonne a spirale e delle dorature onnipresenti. Lungo
la navata il nostro sguardo incontra altri sei grandi dipinti: il primo quadro
a destra rappresenta l'«Incontro della baronessa Giovanna Fremiot con San
Francesco di Sales», allora Vescovo di Ginevra. Opera di autore ignoto,
databile alla fine del XVII secolo, richiama l'episodio avvenuto nel 1604,
quando la baronessa rivelò la sua intenzione di costituire un nuovo ordine che
poi sarà conosciuto con il nome dell'Ordine della Visitazione. Quest'ordine
trovò collocazione anche a Taggia presso la Chiesa di Santa Teresa. Fu
canonizzata da Papa Clemente XIII con il nome di Santa Giovanna di Chantal. La
stessa figura di Santa la troviamo dipinta anche nel successivo quadro sulla destra
che raffigura la morte di San Francesco di Sales, avvenuta a Lione nel 1622; il
santo è assistito negli ultimi respiri proprio da Santa Giovanna Francesca di
Chantal. Entrambe le tele furono acquistate dal Cardinal Lercari che ne fece
dono all'Oratorio della SS Trinità.
L'ultimo quadro sulla destra trattasi di un
dipinto a olio su tela e rappresenta la «Conquista delle ceneri di S. Giovanni
Battista» che dopo esser state trasportate a Gerusalemme, poi ad Alessandria
d'Egitto, arrivarono finalmente a Genova.
Volgendoci a sinistra troviamo la
raffigurazione dell'apostolo prediletto di Gesù: San Giovanni Evangelista.
Realizzata da Gioacchino Bombelli nel 1816, l'opera è carica partecipazione per
questo santo che fra tutti, fu il solo fra i discepoli ad accompagnare Gesù
fino alla croce.
Il quadro successivo è particolarmente
coinvolgente: copia del celeberrimo dipinto eseguito nel 1628 da Nicholas
Poussin e tuttora conservato nel Museo Condè a Chantilly, rappresenta
l'episodio noto a tutti come «La strage degli innocenti» quando Erode decretò
l'uccisione di tutti i bambini nati a Betlemme con l'intento di eliminarne uno
in particolare, il piccolo Gesù.
La follia e la violenza di quell'episodio
trova qui una giusta rappresentazione: nella furia del soldato che calpesta a
terra il nudo bambino e brandisce la spada; e allo stesso tempo la profonda
commozione e partecipazione che si prova nell'osservare la disperazione della
madre che tenta di fermare questa barbarie frapponendosi tra il soldato e il
bambino. Anche quest'opera fu voluta e commissionata dal Cardinal Lercari ed è
datata 1816.
«Il martirio di Santo Stefano» è il tema
raffigurato nel terzo quadro a sinistra. Anche quest'opera fu commissionata dal
Cardinal Lercari nel 1816, ci testimonia e ricorda che la festa di Santo
Stefano, che ricordiamo avviene il 26 dicembre, viene celebrata ogni anno con
una grande messa dalla Confraternita della SS Trinità.
Le confraternite sono associazioni cristiane
fondate con lo scopo di suscitare l'aggregazione tra i fedeli, di esercitare
opere di carità e di pietà e di incrementare il culto.
Nata con l'intento di porgere assistenza
religiosa ai confratelli e curare il loro suffragio dopo la morte, la
Confraternita aveva riservato un grande locale di cui potevano disporre i
pellegrini in viaggio per Roma e dove trovavano rifugio i convalescenti appena
dimessi dall'ospedale. Questo ritrovo dei pellegrini ed ambulatorio era
dedicato a Sant'Orsola e fu completato
nel 1604, come testimonia la data scritta incisa sul portale. E' grazie
all'opera dei confratelli che si sono succeduti nel corso dei secoli che questo
eccezionale patrimonio artistico qui descritto è potuto giungere intatto fino a
noi ed è una fortuna che continuino a custodirlo con tale zelo.
Oggi la confraternita continua ad offrire il
suo contributo di assistenza religiosa e di attività liturgica alla popolazione
e continua a mantenere vive le funzioni tradizionali, come quella già citata in
onore di Santo Stefano martire ma, forse ancora più sentita è quella che si
svolge ogni anno il giovedì santo la celebrazione della Lavanda dei piedi. In
questa occasione i confratelli si mettono a servizio in senso più ampio del
termine: se agli albori della loro fondazione erano a servizio di coloro che
avevano bisogno, oggi sono a servizio del loro gruppo fondato sull'unione di
intenti e di carità cristiana.
La funzione della Confraternita della SS
Trinità resta dunque importante per il lungo cammino che ha persorso, per il
patrimonio di esperienze acquisite nelle sue opere, per la sua funzione di
raccordo tra la Chiesa e la società, grazie alla sua secolare presenza in
entrambe. E' parte del nostro bagaglio culturale ed è una presenza non
facilmente sostituibile per la comunità.
Non dobbiamo dimenticare l'importanza di queste
tradizioni perchè ci parlano di noi,
delle nostre radici. Ed è solo attraverso la riscoperta delle nostre
radici che si può sperare in una rinascita della nostra comunità.
Estratto dal discorso tenuto dalla
dott.ssa Francesca Boeri (laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di
Pisa) in occasione della conferenza con tema “Il caso Sindone non è chiuso” del
Prof. Bruno Barberis avvenuto il 26 marzo 2011.